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le cose che contano

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“Il desiderio di lode è comune a tutti: l’uomo onesto si sente gratificato dagli amici non meno che l’uomo dissoluto dagli adulatori. La distinzione sta nel fine cui il piacere tende. I pittori mescolano colori brillanti e pigmenti, ed esistono certe medicine brillanti alla vista e che hanno un colore gradevole. Così anche le gentilezze degli amici oltre alla componente onesta e utile hanno in sé, come un fiore, la facoltà di dare gioia, e può capitare che si servano dello scherzo, dell’atmosfera conviviale, del vino e talvolta anche delle risate sciocche, come condimento per questioni più nobili e serie.

Il compito e il fine dell’adulatore, invece, è quello di cucinare e condire con elementi gradevoli qualche scherzo, azione o discorso che mira unicamente al piacere. Costui farebbe qualsiasi cosa pur di riuscire gradito, mentre il vero amico agisce sempre secondo giustizia, e quindi a volte risulta gradito e a volte no, anche senza volerlo. E comunque non se ne preoccupa, se considera la propria scelta come la migliore. Così, talvolta, l’amico, rallegrando il compagno con lodi e parole gentili, lo spinge a compiere il bene; quando invece è necessario un rimprovero, lo attacca con parole mordaci e franchezza vigile”.

[Plutarco]

tempo inverso racconto di una sera

Arriviamo a piedi. Dieci minuti dal centro. Scatole, luci, riflettori. Macchine fotografiche. Siamo un bel gruppo: uomini e donne, le modelle arriveranno dopo. Sono le nostre regine: dovremmo dire che loro sono qui per noi, per mostrarsi ai nostri occhi attraverso l’obiettivo, e in realtà penso che sia il nostro turno di essere qui per loro. Per imparare. Per guardare, non c’è dubbio. Con che occhi guarderemo? Non lo sappiamo ancora. Quando arrivano, loro salutano tutti, sono cortesi, gentili. Una più fredda ma solo in apparenza; professionale. Paziente; parla poco. L’altra sorride spesso, per lei è più un gioco di seduzione e si vede: conosce la sua forza, l’esprime, richiama. Siamo ansiosi ma concediamo loro ancora un po’ di tempo: per il trucco, per vestirsi. Siamo in un piccolo albergo, tranquillo, accogliente. Abbiamo ancora tante cose da preparare: il tempo vola via. Le foto le faremo vicino alla piscina, due poltrone di vimini e un tavolino. È rettangolare, né grande né troppo profonda, di quelle dei film delle vacanze di Natale: con tanto di luce blu, la scaletta e le piastrelle di cotto marrone tutt’attorno. Di fronte alla scaletta c’è qualche sdraio in plastica e due ombrelloni: spostiamo tutto. Vogliamo fotografarle nell’acqua e le torce le montiamo inclinate, in corrispondenza degli angoli della piscina, in modo che la luce arrivi uniforme, da tutti e due i lati; niente ombre nel menu. Sul tavolino due bicchieri, due cannucce per ciascuna, una fetta d’arancio e un tovagliolo.

Perché i bicchieri? Chissà. Non ho in mente ancora nessuno scatto, ti sto solo guardando. Per capire come terrai il braccio, quando lo alzerai. Sto immaginando le tue labbra, e l’espressione che avrai nel tenerlo per bere. Forse userai la cannuccia, e allora non lo farò, quello scatto che ho in mente; però, adesso, ti guardo. Inizia tutto piano, come ogni volta. È più bello, iniziare piano, con dolcezza, anche con un po’ d’imbarazzo. Uno scatto, due, quattro scatti: siamo cinque metri di distanza, ma ti vedo bene. Posso guardarti negli occhi. Sei imbarazzata quanto me, non sai che cosa fare, e io non ti conosco ancora, non so guidarti in questo ballo, ci vuole più tempo. Lei ride, tu no. Un duecentesimo. Effedueeotto: troppo aperto. Il lampo illumina solo il tuo viso e dietro è tutto buio. Mi piace guardarti così. Sto cercando di capire chi sei, almeno un poco. So che fin quando non riuscirò a farlo, non avrò un’immagine di te ma solo delle foto, tante foto da buttar via. Chi ha più sesso in sé? Lei. Ce l’ha nel sangue. È meno brava, e tu sei più bella, lei ripete le stesse pose però è selvaggia. Lo senti, che stanno guardando di più lei: lo capisci dalla raffica di scatti quando lei si muove e dagli sguardi che cambiano direzione, lasciandoti sola. Anch’io guardo lei, eppure continuo a pensare a te e ad aspettare di poterti guardare per lo scatto che voglio, come sulla spiaggia, su quella pietra bianca. Pausa. Adesso ci parliamo, stiamo meglio assieme. Parliamo di quali pose potremmo chiedervi, e di come mettere le luci diversamente: forse possiamo usare un tempo più lungo e cercare l’effetto. È sera, fa ancora caldo, beviamo qualcosa assieme; abbiamo scattato per un’ora, e adesso sei più stanca, non ti difendi più. Anch’io sono più stanco e ricerco di meno, seguo il mio istinto. E continuo a guardarti. Contrasto, luce, scarpe nere. La posa quasi sdraiata non mi piace; mi piacciono le tue gambe, invece, le guardo a lungo e scatto due o tre volte, ma non riesco a fare quello che vorrei, stai pensando ad altro, guardi lui e non me dietro gli occhiali da sole. Sdraiati sul bordo della piscina, adesso, perché voglio guardarti ancora, più a lungo, di nuovo: scatto al buio. Ora siete vicine, vi toccate le spalle. Siete diventate amiche, in questi due giorni? Chissà. So che non vi siete mai viste prima. Che cosa provi, adesso, mentre le tocchi la spalla? Niente; è la risposta giusta. Potremmo chiedervi di più, lo fareste. Io amo guardarti, tu vuoi farti guardare: siamo qui per questo. Scendi in piscina, ci resti a lungo: hai il vestito addosso, sopra al costume, l’acqua è fredda ma aspetti lo stesso. Lui vuole immaginarti pantera, lei vorrebbe che tu danzassi in quell’acqua roteando il vestito. Faresti di più? Immagino di si. Ci guardiamo, adesso: dico due parole e tu sai che cosa vuoi fare.

Ho finito. È tardi, te ne devi andare; non è ancora mezzanotte e torni già a essere una ragazza che studia, e io il tuo fotografo venuto da un’altra città. Mi ripetono di nuovo come ti chiami: penso che ricorderò il tuo nome, non so se tu ricorderai il mio. Chissà quante ne hai viste, di fotografie, quante te ne hanno mandate. Spero che tu ricordi i miei occhi.

trucchi di scena

Le foto che interessano sono quelle davanti alle quali provi piacere, emozione. Una foto è sorprendente quando non si sa perché è stata scattata. Non tener conto delle regole di composizione d’un paesaggio: poniti come un selvaggio, senza cultura. A partire dalle foto che ami, pensa di non essere fotografo: davanti all’obiettivo sei di volta in volta colui che si crede, colui che vorrebbe che lo si creda, colui che il fotografo lo crede, colui del quale si seve per mostrare la propria arte. Non amo il colore nella fotografia; ho l’impressione che si interponga tra il soggetto e me.

Roland Barthes – Camera Chiara

manipolando

Molti, quindi, pensano che l’arte non sia più ciò che un tempo aspirava a essere, che non sia più rivolta al meraviglioso, al sublime e al trascendente, ma che non sia altro che un’abilità qualsiasi, e che la parte più importante e preziosa sia la capacità di autopromuoversi. Trova un modo per attirare l’attenzione, con parole o con immagini o con rumori; crea le giuste connessioni, trova il tipo giusto di promotore d’immagine, e anche tu potrai essere artista. Certo il talento è importante. Ma è talento d’attrarre attenzione, piuttosto che capacità di cercare e trovare l’occhio di un dio.

[Roger Scruton]

Many, therefore, think that art is no longer what it once aspired to be, that it is no longer directed to the marvelous, the sublime and the transcendent, but that it is nothing but any skill, and that the most the ability to self-promote is important and precious. Find a way to get attention, in words or with images or with noises; create the right connections, find the right kind of image promoter, and you too can be an artist. Of course talent is important. But it is a talent to attract attention, rather than the ability to seek and find the eye of a god.

arte e paradosso

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[P.H. Emerson] in his work, “Naturalistic Photography,” he says: “Photography has been called an irresponsive medium. This is much the same as calling it a mechanical process. A great paradox which has been combated is the assumption that because photography is not ‘hand-work’ as the public say—though we find there is very much ‘hand-work’ and head-work in it—therefore it is not an art language. This is a fallacy born of thoughtlessness. The painter learns his technique in order to speak, and he considers painting a mental process. So with photography, speaking artistically of it, it is a very severe mental process, and taxes all the artist’s energies even after he has mastered technique. The point is, what you have to say and how to say it. The originality of a work of art refers to the originality of the thing expressed and the way it is expressed, whether it be in poetry, photography, or painting. That one technique is more difficult than another to learn no one will deny; but the greatest thoughts have been expressed by means of the simplest technique, writing.”

la funzione del tempo

Per scolpire il Pensatore, devi avere l’età di Rodin quando l’ha fatto. Non avendo nessuna capacità di scolpire o dipingere, sono rimasto affascinato dall’arte di Auguste Rodin lo stesso giorno in cui sono stato introdotto alla sua opera dalla mia compagna di fotografia e di vita d’allora. Ho deciso di provare a esprimere ciò che provavo attraverso il nudo fotografico, il mio primo progetto di questo tipo.

Si è trattato di un’esperienza divisa in tre parti, lo studio delle pose e delle luci attraverso le foto delle opere dell’artista e la ricerca di una modella che avesse la dedizione, la presenza e la professionalità necessaria, poi la preparazione e infine la realizzazione. Queste su questa pagina sono le foto scattate durante la preparazione, ho deciso di conservare anch’esse in un portfolio che ho chiamato “fuoco”. Le pose finali, stampate poi su alluminio spazzolato in bianco e nero, sono state raccolte in un secondo portfolio, “pietra”. Per ciascuna foto finale, in tempo lungo d’esposizione, è stato necessario circa un minuto di posa; quelle preparatorie sono state scattate con il flash. Le foto sono state poi virate nel colore ma senza nessun ritocco, in modo da non alterare in alcun modo la fisicità del corpo. È il progetto fotografico a cui sono più affezionato.

luoghi. immagini

Una vecchia casa, un portico in ombra, un tetto di tegole, una sbiadita decorazione araba, un uomo seduto contro il muro, una via deserta, un albero mediterraneo: questa fotografia antica (1854) mi commuove perché, molto semplicemente, è là che io vorrei vivere. Questo desiderio penetra dentro di me a una profondità e con radici che non conosco … Qualunque cosa avvenga (di me stesso, delle mie motivazioni, della mia ossessione), io ho voglia di vivere là, in consonanza – e tale consonanza non è mai soddisfatta dalla foto turistica. Per me, le fotografie di paesaggi devono essere abitabili, e non visitabili.

[Roland Barthes]

An old house, a shady portico, a tiled roof, a faded Arab decoration, a man sitting against the wall, a deserted street, a Mediterranean tree: this ancient photograph (1854) moves me because, very simply, it is there that I would like to live. This desire penetrates within me to a depth and with roots that I do not know … Whatever happens (of myself, of my motivations, of my obsession), I want to live there, in consonance – and that consonance is never satisfied with the tourist photo. For me, landscape photographs must be something that you live, and not something that you visit.